Chi ha in mente di diversificare il proprio portafoglio di investimento non può fare a meno di prendere in considerazione le pietre preziose, nei confronti delle quali si registra un interesse crescente.
Sono i diamanti, in particolare, a catturare l’attenzione. Ma dove è possibile comprarli? Diversi istituti di credito del nostro Paese fanno riferimento a società di investimento che sono specializzate proprio in questo ambito, anche se è sempre opportuno monitorare i prezzi.
Non esiste alcuna autorità che disciplini il mercato del diamante bianco: di conseguenza, per trovare delle indicazioni di prezzo attendibili bisogna affidarsi al Rapaport, vale a dire il listino ufficiale dei diamanti a livello internazionale.
Quanto si rischia?
Non è corretto sostenere che gli investimenti in diamanti siano rischiosi, ma d’altro canto non si può neppure scommettere sulla loro sicurezza al 100%. Poiché si tratta di materie prime, è facile comprendere l’importanza delle fluttuazioni che dipendono dal livello delle scorte e dalla produzione.
Se è vero che di solito tali eventi non colpiscono le grandi aziende, è pur vero che non si può scongiurare a priori ogni rischio. In tutti i casi, il valore considerato sul medio e sul lungo periodo è in rialzo, anche se poi in base al tipo di pietra ci sono oscillazioni più o meno consistenti.
Il mercato dei diamanti
Per avere un’idea dell’evoluzione del mercato delle pietre preziose, è sufficiente sapere che un carato agli inizi degli anni ’60 aveva un valore di 2.700 dollari, mentre al giorno d’oggi esso può essere valutato fino a 31mila dollari, in funzione del livello di purezza e della tipologia di pietra.
Va detto, comunque, che quasi sempre le pietre sono equiparate agli immobili o all’oro, in quanto vengono considerate dei beni rifugio: il mercato dei diamanti, in effetti, è piuttosto protetto rispetto alle turbolenze finanziarie che si possono verificare.
Insomma, vale la pena di investire?
Investire in diamanti è consigliabile, ma solo nel contesto di una diversificazione del proprio portafoglio: il suggerimento degli esperti è quello di non superare il 10%.
La Consob, tuttavia, non ritiene i diamanti degli strumenti finanziari: questo vuol dire che la loro vendita non è vincolata alla disponibilità di un prospetto informativo su cui sia specificato il grado di rischio dell’investimento.
I diamanti che non raggiungono gli 0.5 carati non necessitano di un certificato fornito da un laboratorio, ed è questo il motivo per il quale gli addetti ai lavori raccomandano di preferire quelli compresi tra gli 0.5 e i 3 carati. Le pietre diventano via via più rare dopo i 2 carati: questo vuol dire che reperire un acquirente può risultare molto complicato.
Il trattamento fiscale
Non è prevista alcuna tassa di successione per i diamanti, così come non c’è capital gain. Il trattamento fiscale prevede semplicemente il pagamento dell’IVA al 22% al momento dell’acquisto.
C’è da tener presente, tuttavia, che non si applica l’imposta per i diamanti che si trovano in cassette depositate in quella che viene definita zona franca: per l’Europa, le città di Genova, di Le Havre, di Rotterdam e di Anversa.
Dopo aver comprato un diamante, riuscire a rivenderlo non è un’impresa impossibile, e comunque è un compito molto più facile rispetto a qualche anno fa. Il merito va attribuito alle piattaforme online che sono state create nel corso degli ultimi tempi e che hanno agevolato le transazioni delle pietre preziose. Le banche, comunque, in molti casi cedono e ricomprano le pietre a cifre predefinite.
Prima di tutto, informarsi
In sintesi, prima di gettarsi a capofitto sui diamanti è fondamentale informarsi con la dovuta attenzione: le pietre brillanti possono apparire come investimenti più appetibili rispetto alle classiche obbligazioni o alle tradizionali azioni, ma solo se si è pronti a muoversi in maniera prudente e a operare con consapevolezza. La Consob, di recente, ha posto l’accento sulla necessità di non sottovalutare i rischi connessi a un investimento di questo tipo: un motivo ci sarà.